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USA e Cina, la nuova Guerra Fredda che si prepara da tempo

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Osservando le relazioni Usa-Cina deteriorarsi giorno dopo giorno, continuo a pormi la stessa domanda: come hanno fatto a diventare così pessime? Perché sembra di essere in una seconda Guerra Fredda?

In gennaio, dopo avere firmato la prima fase dell’accordo sugli scambi che prometteva quei grandi acquisti cinesi di prodotti agricoli americani, il presidente Donald Trump disse: “Il nostro rapporto con la Cina ora potrebbe essere il migliore che si è visto da tanto, tanto tempo”.

Da allora, i due paesi hanno espulso i giornalisti dell’altro, sanzionato e iscritto in liste di proscrizione funzionari dell’altro, e chiuso i consolati.

E non è tutto. I negoziati della seconda fase non sono nemmeno iniziati, e il presidente ora dice di non essere nemmeno interessato a parlare alla Cina. Funzionari dell’amministrazione Trump, guidati dal Segretario di Stato Mike Pompeo hanno fatto discorsi infiammatori accusando il Partito Comunista Cinese: “I comunisti mentono quasi sempre”, ha affermato Pompeo.

Come ha fatto a diventare una situazione così pessima?

Accusare il coronavirus è una tentazione, la repressione cinese a Hong Kong e la campagna presidenziale anche, ma queste rappresentano solo l’eruzione di un vulcano che ha visto la pressione aumentare per anni.

Per approfondimenti su questo aumento, c’è Superpower Showdown  [in inglese] dei reporter del Wall Street Journal Bob Davis e Lingling Wei. Oltre a profondi reportage sull’attuale guerra commerciale, questo nuovo libro offre un prezioso contesto storico, richiamando eventi del lontano passato che hanno fatto crescere i semi della sfiducia.

La copertina del libro della Harper e Collins

Negli anni ‘80, molti americani guardavano con occhio benevolo ad una Cina che aveva rotto con l’Unione Sovietica e stava riformando la sua economia su linee più capitalistiche.

Hanno assunto uno sguardo differente dopo il massacro di Tienanmen del 1989, in cui l’esercito cinese ha sparato proiettili veri contro gli studenti che stavano dimostrando per la democrazia e la libertà di parola, uccidendone almeno alcune centinaia.

Durante la campagna elettorale del 1992, Bill Clinton promise che se la sarebbe presa con “i macellai di Pechino”. I semi della sfiducia americana verso la Cina erano stati chiaramente seminati.

In seguito, il Presidente Clinton cambiò idea e, nel 1999, la sua amministrazione sembrava pronta a concedere alla Cina di unirsi al WTO. Il premier Zhu Roonji volò a Washington per firmare l’accordo. I consiglieri di Clinton convinsero il Presidente che prima avrebbe dovuto vendere l’accordo al Congresso [convincere il Congresso]. Zhu dovette tornare a casa umiliato e a mani vuote.

Il Presidente statunitense Bill Clinton e il Premier cinese Zhu Rongji assistono alla sfilata delle truppe cerimoniali sul prato sud della Casa Bianca l’8 aprile 1999, durante la cerimonia ufficiale per l’arrivo di Zhu a Washington, DC. Foto: AFP/Luke Frazza

E se questo non fosse stato abbastanza per alimentare la sfiducia cinese verso gli Stati Uniti, il mese successivo i B2 americani scaricarono cinque bombe guidate di precisione sull’ambasciata cinese a Belgrado, Yugoslavia, uccidendo 3 cinesi e ferendone altri 27.

Clinton insistette che il bombardamento fu un errore, ma in una riunione di emergenza del Politburo a Pechino, nessun leader del partito accettò la spiegazione americana.

(I corrispondenti stranieri raramente sanno molto sulle delibere del Politburo, ma il co-autore Wei, un giornalista formatosi alla NY University, è il pronipote di un assistente di Mao Tse Tung durante la Lunga Marcia del Partito Comunista Cinese negli anni ‘30.
Sicuramente le sue radici familiari non hanno ostacolato i suoi sforzi per procurarsi fonti tra le élite cinesi. Una cittadina naturalizzata americana, Wei è stata una dei reporter espulsi [in inglese] dalla Cina all’inizio dell’anno).

Clinton non sarà l’ultimo presidente a parlare della sua linea dura con la Cina per poi alleggerire la posizione. Superpower Showdown ritorna ancora varie volte sulla ragione di queste correzioni: la pressione del mondo degli affari americano.

Nessuna azienda vuole chiudersi un mercato delle dimensioni di quello cinese. Molte aziende poi non possono competere in altri mercati a meno che non producano in Cina.

Essendo grandi datori di lavoro, le grandi aziende hanno una grande influenza a Washington, e i loro uffici per i rapporti con il governo hanno speso milioni negli anni per sostenere buone relazioni economiche con la Cina. I negoziatori cinesi potevano contare sul modo degli affari americano come alleato.

Negli anni recenti questa alleanza si è sgretolata. Il mondo degli affari americano è sempre più risentito per i sussidi ai propri concorrenti e per l’estorsione e il furto di tecnologia. C’è una reale paura che la Cina di Xi Jinping stia lavorando per mettere il mondo degli affari americano ai margini. Questo è uno dei motivi per cui le relazioni sono diventante così cattive.

Ma se il programma di Xi ha peggiorato le relazioni, altrettanto ha fatto quello di Trump. Il libro dà a Trump il merito di avere preso la sfida cinese più seriamente dei predecessori, ma suggerisce come la sua risposta (dazi) non abbia funzionato.

Ci sono due Trump, dice il libro, un Trump operaio che vuole essere duro sugli scambi commerciali, e un Trump di Wall Street timoroso che la durezza possa affossare i mercati finanziari. Riguardo la Cina, un giorno parteggia con i falchi, il giorno dopo con le colombe.

Confusi da Trump e sorpresi dalla diserzione del mondo degli affari americano, i cinesi hanno avuto molte opportunità per fare male i conti.

Nel maggio 2019 hanno rifiutato un accordo espansivo che il team di Trump pensava di aver sostanzialmente accettato. Secondo Davis e Wei, i cinesi vedevano questo come un altro capitolo della negoziazione, mentre la squadra di Trump lo ha visto come un tradimento.

Nonostante in seguito si trovò un accordo su un accordo iniziale meno ambizioso, la forte sfiducia reciproca si affacciava appena sotto la superficie delle relazioni tra Cina e Stati Uniti.

Poi il Covid-19 è arrivato in America. Si è originato in Cina, e mina la rielezione del presidente Trump. Giusto o sbagliato che sia, Trump incolpa la Cina sia dei 150.000 morti che dello scivolone dell’economia.

Il presidente cinese Xi Jinping e il Presidente statunitense Donald Trump. Molte questioni dividono i due paesi. Immagine: YouTube.

Questo terribile virus è stato il cerino che ha acceso il fuoco, ma le due parti hanno accumulato la legna da ardere per anni. Con la loro repressione a Hong Kong i cinesi hanno dato aria alle fiamme e ora, con il Presidente che si proclama non interessato in ulteriori negoziati sul commercio, estremisti come Pompeo hanno mano libera.

Non appena vidi il sottotitolo di Superpower Showdown: come la battaglia tra Trump e Xi minaccia una Nuova Guerra Fredda, ho pensato, certo c’è un rapporto più da avversari, ma è davvero una nuova Guerra Fredda?

La Guerra Fredda scavò un solco fra Stati Uniti e Unione Sovietica in un contesto ideologico; con la Cina l’ideologia non è mai stata al centro delle frizioni. Adesso, all’improvviso, gli ideologi sono diventati la voce dell’America.

Dan Coats, il primo direttore della intelligence nazionale nominato da Trump, smorza i toni da Guerra Fredda. L’economia cinese, diversamente da quella dell’Unione Sovietica, è profondamente interconnessa con quelle americana e del resto del mondo, rendendo di fatto impossibile una Nuova Guerra Fredda.

Sì, gli Stati Uniti devono rispondere ai comportamenti sempre più aggressivi della Cina, scrive Coats [in inglese], ma devono farlo strategicamente. “Tornare ad una mentalità da Guerra Fredda ci porterebbe verso una posizione più belligerante, che avrebbe poche o scarse possibilità di mutare la posizione cinese e potrebbe, al contrario, provocare reazioni esagerate e pericolosi errori di calcolo da entrambe le parti”.

In altre parole, se siamo davvero in una nuova Guerra Fredda, le “cattive” relazioni potrebbero solo peggiorare. O, come dice [in inglese] il Financial Times, “Com’è strano pensare che la guerra dei dazi degli anni recenti potrebbe un giorno sembrare un ricordo dei bei tempi andati”.

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 Articolo di Urban Lehner pubblicato su Asia Times il 6 agosto 2020
Traduzione in italiano di Eros Zagaglia per SakerItalia

[le note in questo formato sono del traduttore]

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